Trasferimento di residenza del minore: come valuta il Giudice?

La residenza del minore

residenza del minore

La scelta della residenza abituale del minore, intesa come luogo in cui questi ha stabilito la sede prevalente dei suoi affetti e interessi, deve essere stabilita dai genitori <di comune accordo> (art. 316, comma I cod. civ.).

Questo principio vale anche quando la coppia genitoriale sia separata, rientrando la scelta della residenza abituale del minore tra quelle c.d. di maggior importanza per la vita dei figli. Questo richiede l’accordo tra i genitori (art. 337.ter, comma III cod. civ.), anche in ipotesi di affido monogenitoriale (art. 337-ter, comma III cod. civ.).

In caso di disaccordo, la decisione è rimessa al Giudice, che dovrà valutare e decidere tenendo conto del preminente interesse del bambino ad una crescita armonica e sana, in cui sia garantita la bigenitorialità. Questa è intesa come diritto del minore a conservare relazioni significative e regolari con entrambi i genitori.

Se il genitore collocatario della prole ha necessità di trasferirsi in altro luogo con i figli dovrà, in difetto di accordo con l’altro genitore, rivolgersi al giudice per ottenere l’autorizzazione. Infatti, non può agire unilateralmente e neppure quando le esigenze di trasferimento siano legate ad impegni di lavoro.

Qualche esempio di trasferimento del minore

La Corte di cassazione, con la recente ordinanza n. 12282 del 7 maggio 2024, ha negato il diritto al trasferimento dei minori, richiesto dalla madre collocataria per motivi di lavoro. Ha infatti affermato che il trasferimento dei figli in località troppo distante da quella di residenza del padre (nella fattispecie, da Napoli a Pordenone: 800 Km), se di ostacolo alla frequentazione con l’altro genitore, “non può non essere lesivo del diritto alla bigenitorialità”.

Di diverso avviso, invece, il Tribunale di Firenze, che con sentenza n. 1710 pubblicata il 29 maggio 2024, ha autorizzato il trasferimento di una bambina con la madre, dalla Toscana alla Svizzera italiana. In questo caso il Tribunale ha privilegiato la necessità di mantenere fermo il collocamento principale della minore presso la madre, anche a fronte del trasferimento di questa in altro Stato. Inoltre, ha regolamentato il diritto di visita del padre in modo da garantire alla bambina il suo diritto a mantenere un legame significativo e costante con l’altro genitore e con la famiglia paterna.

In questi casi, al giudice è sempre affidata una decisione molto complessa, che presuppone il bilanciamento tra il diritto al lavoro del genitore collocatario – di rango costituzionale (art. 16 Cost.) – e il diritto del minore ad una sana crescita e ad un armonioso sviluppo della sua personalità. Inoltre, il minore ha diritto a conservare, anche in caso di disgregazione della famiglia, equilibrati e adeguati rapporti con entrambi i genitori.

Di fronte a casi così complessi, è di fondamentale importanza rivolgersi ad Avvocati esperti nel diritto delle relazioni familiari, competenti nel padroneggiare la materia e costantemente aggiornati sulle ultime pronunce giurisprudenziali, che orientano il giudice nella sua decisione.

Separarsi bene con la negoziazione assistita

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Separarsi bene, evitando il conflitto, è oggi un orizzonte possibile, ricorrendo alla procedura di negoziazione assistita da Avvocati.

Si tratta della soluzione più moderna e più snella per formalizzare, in tempi rapidi e senza comparire in Tribunale, gli accordi di separazione e di divorzio, per la modifica degli stessi, per la regolamentazione dei rapporti genitoriali a seguito del venir meno del rapporto di convivenza e anche per lo scioglimento dell’unione civile.

Le parti, dopo aver negoziato i loro accordi con l’assistenza obbligatoria di un Avvocato per ciascuna parte, lo dovranno depositare presso la Procura territorialmente competente, che in pochi giorni provvederà ad autorizzarlo se lo riterrà rispettoso e conforme agli interessi dei figli; in assenza di figli, o con figli maggiorenni ed autonomi, la Procura si limiterà a concedere il nulla osta.

La negoziazione assistita, che in ambito familiare è una procedura solo facoltativa e non obbligatoria, sollecita all’Avocato della famiglia l’esigenza di affinare le abilità negoziali che, insieme alla propensione all’ascolto, alla capacità di enucleare, all’interno di un racconto cario di emotività, gli elementi giuridicamente rilevanti per la fattispecie e di tradurre correttamente i bisogni degli assistiti, gli attribuisce un ruolo fondamentale. 

Lo Studio Dionisio offre assistenza qualificata anche nell’ambito delle ADR (Alternative Dispute Resolution), promuovendo la negoziazione assistita come metodo efficace di risoluzione extragiudiziale delle controversie familiari.

Il nuovo “separorzio”

separorzio

Non è uno scherzo: da oggi è possibile, nel nostro ordinamento giuridico, ottenere il “separorzio”, ovvero richiedere insieme, con un unico ricorso, la pronuncia della separazione personale e, contestualmente, anche il divorzio.Lo ha previsto il legislatore della riforma Cartabia all’art. 473 bis. 49 cpc e la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28727 del 16 ottobre 2023, ha chiarito che è possibile proporre le domande di separazione e divorzio in cumulo anche nelle procedure a domanda congiunta, vale a dire in quelle che nascono sull’accordo delle parti.

Questo non significa che sia possibile richiedere direttamente il divorzio, come invece lo è in molte legislazioni dell’Europa. Infatti, dovrà sempre trascorrere un tempo minimo, non inferiore ai 6 mesi, tra la separazione e la pronuncia dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio sarà dunque procedibile solo all’esito del passaggio in giudicato della sentenza che avrà pronunciato la separazione. Tuttavia, il vantaggio, per le parti, è di poter concludere validamente accordi destinati a regolare il futuro assetto della famiglia e a sopravvivere anche dopo la cessazione del vincolo matrimoniale. Questo avviene in nome di quell’autonomia negoziale che le nuove famiglie da tempo rivendicano.

Un’altra barriera è stata così abbattuta, ma la sovranità dell’autonomia negoziale della famiglia resta un obiettivo ancora imperfetto.

La voce del minore nel nuovo processo di famiglia

la voce del minore

La riforma del processo Cartabia, entrata in vigore il 28 febbraio 2023, ha avuto il merito di dare voce al minorenne nelle procedure giudiziarie che lo vedono coinvolto, garantendo la sua effettiva partecipazione al processo attraverso la figura del Curatore Speciale, oggi compiutamente disciplinata all’art. 473 bis.8 cpc.

Nelle vertenze minorili e familiari può capitare, infatti, che la posizione dei genitori siano in conflitto di interessi con quella dei loro figli; ciò accade, ad esempio, nei casi di esasperata conflittualità, che rende difficile, per il Giudice, valutare quale sia il miglior interesse dei figli.

In queste situazioni, il Giudice è oggi tenuto a nominare un Curatore Speciale, che è un Avvocato esperto nella materia delle relazioni familiari, con il ruolo di rappresentante processuale del minorenne.

Il Curatore Speciale, di norma, è anche il difensore del minorenne, che partecipa al processo in modo attivo, facendosi portavoce delle istanze del bambino, ascoltandolo, informandolo e adoperandosi affinché sia garantito il suo best interest, ispirandosi al principio di minima offensività rispetto ai tempi e ai contenuti del provvedimento.

Con il rafforzamento della figura del Curatore Speciale, il nostro paese compie un significativo salto in avanti in termini di garanzie del processo di famiglia, nel solco di quella rivoluzione culturale, contaminata dalle Convenzioni internazionali, che pone il minorenne al centro dell’attenzione, considerandolo non più solo mero oggetto di tutela ma soggetto portatore di diritti e di interessi autonomi.

Il minorenne che abbia compiuto i 14 anni di età può oggi, addirittura, richiedere in via autonoma, la nomina di un suo Curatore Speciale.